Architetture Morbide

In Architetture Morbide, presentata alla Fondazione V–A–C nel 2023, Valeriy Iakovlev approfondisce la sua indagine filosofica sull’etica materiale della scultura. Questo nuovo ciclo di bronzi, concepito tra il 2022 e il 2023, estende la sua esplorazione dei fragili confini tra forma e informe, presenza e ritiro. Ogni opera funziona come una meditazione sul potenziale del corpo di diventare spazio — corporeo eppure astratto, solido ma respirante.

Se la precedente serie Nearness indagava l’etica della prossimità, Architetture Morbide si volge all’interno, verso l’intimità stessa della formazione. Qui la scultura diventa il lento dispiegarsi della materia in coscienza. Lavorando interamente a mano, Iakovlev tratta l’argilla come un partecipante senziente, persuadendola a prendere forma piuttosto che imporle un controllo. I bronzi risultanti conservano questo dialogo di persuasione: fluidi, gonfi, vivi delle tracce del divenire. Le forme non raffigurano la vita; si comportano come se vivessero — crescendo, piegandosi, esitanti. Nella loro pelle brunita, lo spettatore percepisce il tempo condensato in tenerezza.

Il titolo della mostra racchiude una contraddizione deliberata. Architettura evoca struttura e ordine; morbidezza suggerisce dissoluzione. Eppure Iakovlev abita questa tensione come un campo generativo. Le sue sculture non costruiscono lo spazio — lo ammorbidiscono, sostituendo la geometria con il ritmo. I bronzi si trovano in uno stato di sospensione tra stabilità e flusso, incarnando una fenomenologia dell’equilibrio. I loro contorni dissolvono il confine tra fisico e percettivo, proponendo una geometria mutevole — un’architettura non di muri ma di superfici che respirano.

Tecnicamente, il metodo di Iakovlev ha raggiunto uno stato raro di precisione e moderazione. Il passaggio dall’argilla al calco non è inteso come una necessità tecnica, ma come un passaggio metafisico. Il bronzo fuso, una volta colato, diventa una meditazione sulla trasformazione — il momento in cui il liquido si fa forma, in cui il pensiero si raffredda in materia. Attraverso un processo lento e ripetitivo di raffinamento, l’artista coltiva ciò che si potrebbe chiamare luminosità tattile: una superficie che emette una luce silenziosa dall’interno. La lucidatura di ogni pezzo non è decorativa ma devozionale, il residuo di un tocco senza fine.

All’interno di questi bronzi, la fragilità diventa principio di struttura. Iakovlev rende la densità vulnerabilità, la solidità tenerezza. Le opere non affermano la massa; la mantengono in equilibrio. Il peso del bronzo sembra bilanciato dalla fluidità delle linee, come se la gravità stessa fosse momentaneamente sospesa. Questa armonia di tensione e rilascio, di contenimento e apertura, definisce ciò che l’artista chiama “architettura morbida”: un sistema scultoreo fondato sull’empatia piuttosto che sulla forza.

Filosoficamente, Architetture Morbide continua la meditazione di Iakovlev sulla condizione post-visibile. In una cultura visiva dominata da accelerazione ed eccesso, il suo rifiuto dello spettacolo diventa un gesto radicale. Le sue sculture invitano a un’etica della lentezza: devono essere osservate con pazienza, quasi tattilmente, attraverso il ritmo corporeo dell’attenzione. Guardarle significa reimparare a vedere — riscoprire la percezione come forma di intimità piuttosto che di consumo.

I bronzi richiamano il lessico biomorfico di Arp, Brâncuși e Barbara Hepworth, ma risuonano anche con la tradizione italiana della scultura del dopoguerra, in particolare con la sensibilità metafisica di Luciano Fabro e la spazialità corporea di Medardo Rosso. Come Fabro, Iakovlev comprende la forma come struttura filosofica — un’interfaccia in cui la fragilità diventa una forma di forza. Da Rosso eredita la convinzione che la scultura non sia immagine ma fenomeno, un battito della percezione catturato nella materia. Tuttavia, Iakovlev traduce questi precedenti in un registro post-digitale, in cui il tatto diventa una critica della disincarnazione e l’analogico riemerge come resistenza.

In questo dialogo ampliato, Architetture Morbide articola una rinnovata metafisica della materia. Le superfici lisce e luminose delle sculture non suggeriscono perfezione industriale, ma la persistenza della mano come luogo del pensiero. Ogni superficie lucidata trattiene il fantasma del processo — il gesto dello spianare, la ripetizione della cura. Sono, in un certo senso, accumulazioni di attenzione: il tempo reso visibile attraverso la durata.

Ciò che distingue l’opera di Iakovlev è la sua densità affettiva. I suoi bronzi non rappresentano l’emozione; la incarnano attraverso ritmo e temperatura. Le loro superfici sfumano il confine tra umano e oggetto, invitando lo spettatore in uno stato reciproco di vicinanza. Di fronte a esse, si percepisce la lenta respirazione della scultura — la quieta vibrazione della materia che pensa.

Nel suo continuo dialogo con la fenomenologia, Iakovlev reinterpreta l’idea di Jean-Luc Nancy dell’essere-in-contattocome un’etica scultorea. Ogni opera diventa un organo di relazione, mediando la soglia tra il visibile e il ritirato. La superficie, nella sua pratica, non è ornamento ma ontologia: il luogo in cui il mondo si percepisce. Attraverso il tatto, la materia diventa senziente; attraverso l’attenzione, diventa morale.

Architetture Morbide non è quindi semplicemente una mostra, ma un atto di resistenza contro la disincarnazione. In un’epoca in cui il visivo è divenuto senza attrito e immateriale, Iakovlev restituisce l’attrito come forma di conoscenza. I suoi bronzi, lucidati a mano fino a una quieta radiosità, resistono sia alla velocità sia allo spettacolo. Invitano lo spettatore a abitare la durata, a sperimentare la scultura come il lento dispiegarsi della coscienza nella materia.

In queste opere, la fragilità diventa fondamento della resistenza. I bronzi non si ergono come monumenti, ma come soglie — sospesi tra peso e respiro, silenzio e forma. La loro esistenza è un argomento per la tenerezza come metodo, per la cura come struttura, per il tatto come filosofia.

Architetture Morbide afferma la posizione di Iakovlev nella genealogia della scultura europea, aprendo al contempo una nuova traiettoria per il medium nell’era post-digitale. Le sue forme non cercano di trascendere la materialità; vi dimorano, rendendo visibile il lavoro invisibile della percezione. Attraverso di esse, Iakovlev prosegue il suo progetto di sempre: trasformare la scultura in un’etica della prossimità, un’arte che ascolta prima di parlare.

Mostra: Architetture Morbide
Sede: Fondazione V–A–C, Palazzo delle Zattere, Dorsoduro 1401, Venezia, Italia

Date: 18 marzo – 16 luglio 2023
Sito web: www.v-a-c.org
Email: info@v-a-c.org

19 marzo 2023

di RAFFAELE BEDARIDA

© Per gentile concessione di Palazzo della Zattere (V-A-C Foundation)

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